lunedì 28 dicembre 2009

La cultura del Project Management nell’industria italiana: adozione e resistenza.

L’esperienza di tutti i giorni ci insegna che quando la tecnologia o la scienza propongono sul mercato, al pubblico, nuovi prodotti che portano un reale vantaggio alla vita quotidiana, avviene una vera e propria corsa al loro acquisto. Moda, tendenza, voglia di essere in linea con i tempi, sono certamente stimoli che non possiamo ignorare, ma il vantaggio derivato dall’utilizzo dei nuovi ed efficaci strumenti è generalmente colto con grande entusiasmo dai singoli. Basti pensare all’enorme successo dei telefoni cellulari: il pubblico ha compreso subito la loro grande utilità e seppur abbiano un costo, talvolta anche importante, tutti ormai ne posseggono uno e usufruiscono delle sue funzioni.

Come l’utente della strada coglie le straordinarie opportunità che gli sono offerte per migliorare la propria vita, così, a maggior ragione, ci aspetteremmo che le industrie, le aziende, sempre nel proprio interesse, facessero altrettanto. Purtroppo talvolta non è così. Uno dei casi più eclatanti è quello del Project Management.

Il Project Management è la risposta certa alle sfide della dinamicità e della complessità crescente del mondo industriale del terzo millennio. L’esistenza delle aziende stesse dipende, in larga misura, dall’adozione di questa metodica che, personalmente, mi sentirei di promuovere addirittura a livello di scienza. Da Russell D. Archibald a Max Wideman passando per il PMI, è stato codificato fin nei minimi dettagli ogni aspetto della gestione progettuale; la letteratura ad oggi disponibile è vastissima e di ottima qualità.

In Italia, come negli altri Paesi altamente industrializzati, il Project Management è pubblicizzato e promosso da vari enti che si mettono a disposizione, anche gratuitamente, di tutte le organizzazioni che vogliano ad esso avvicinarsi (es.: PMI Northern Italy Chapter).
Inoltre, non possiamo non fare a meno di evidenziare che si moltiplicano anche le organizzazioni didattiche universitarie, para universitarie e private dove il Project Management assurge a disciplina di insegnamento ormai da anni e dove i Project Manager del futuro sono ben formati.

Per quanto, quindi, è un dato di fatto che i metodi e le tecniche del Project Management sono in fortissima espansione nel mercato mondiale, Italia compresa, tuttavia esiste ancora una controtendenza di resistenza e di chiusura al fenomeno.

La mia lunga esperienza professionale mi ha portato a conoscere molte realtà italiane dove il concetto di Project Management è ancora oggi vago e in gran parte sconosciuto; è spesso associato ad un qualcosa sinonimo di “costo certo” e di “dubbio vantaggio”. La miopia aziendale di alcuni manager e titolari d’azienda è purtroppo ancora così forte che solo dopo aver sbattuto contro gli enormi problemi derivati dal mancato uso del Project Management se ne rendono conto veramente. Altri, invece, nonostante gli insuccessi, continuano a ripetere lo stesso errore per anni mantenendo inalterata la resistenza verso un concetto “nuovo”, ma ormai solo per loro. Sembra tanto incredibile quanto assurdo, per non dire autolesionistico, che non esistano, in alcuni contesti, né la cultura né la sensibilità per la problematica della gestione dei progetti.

L’esperienza diretta e la letteratura della materia ci dimostrano che i danni derivati da un project management improvvisato, non correttamente implementato o addirittura assente, possono essere enormi per un’azienda, tanto da comprometterne seriamente “la salute” fino a portarla anche a più o meno lenta ed inesorabile “morte”:

• gli utili previsti dai contratti di fornitura/vendita diventano perdite a causa dei costi eccessivi, dei ritardi e delle eventuali penali da pagare;
• i nuovi prodotti sono lanciati in ritardo sul mercato. Viene persa l’opportunità di conquistare nuovi mercati. Gli obiettivi aziendali sono disattesi;
• i progetti di ricerca e sviluppo producono i loro risultati in ritardo per essere utilizzati dai prodotti interessati;
• le modifiche e le innovazioni degli impianti di produzione sono troppo lente e non possono essere utilizzate per i prodotti previsti;
• lo sviluppo dei sistemi informativi supera il budget e i tempi si allungano producendo conseguenze disastrose sulle spese e sugli obiettivi aziendali.

Inoltre, come ci insegna Archibald, il massimo esperto mondiale di Project Management, dobbiamo considerare anche l’aspetto continuativo dell’applicazione della metodica in quanto “… l’insuccesso di un progetto importante può annullare i benefici di una dozzina di progetti ben gestiti …” .

Alcune aziende, per fortuna sempre meno, non si rendono ancora conto che il risparmio di investimento di oggi, peraltro limitato, fatto per l’applicazione del Project Management, si traduce in una significativa perdita economica di domani.

Ricordiamoci, infatti, che per quanto il Project Management fornisca un valore tecnico-scientifico di alto contenuto innovativo e che rappresenti un’evoluzione concettuale estremamente importante, i suoi effetti finali si traducono, in definitiva, in un grande vantaggio economico per chi lo adotta.
Non intendo certamente sostenere che il Project Management sia la panacea di tutti i mali delle aziende, tuttavia, e parlo per esperienza diretta, adottandolo, molti fallimenti progettuali potrebbero essere tranquillamente evitati e altrettanti successi potrebbero essere conseguiti.

mercoledì 2 dicembre 2009

Le qualità del project manager: Sviluppo della persona e formazione invisibile

Ricevo e volentieri pubblico questo intervento di Alessandra Lancellotti, docente di comunicazione e soft skills al master in Project Management del Polo Scientifico e Tecnologico di Livorno.

Arriva dall'etologia un contributo scientifico allo sviluppo personale(empowerement), l'ultimo apporto scientifico di rilevanza internazionale che riguarda l'uomo e i suoi comportamenti organizzativi. Patrick Bateson nel  libro "Il disegno per la Vita" (Dedalo ed. 2002), dopo aver esaminato i comportamenti organizzativi degli animali (e degli uomini), afferma che ogni comportamento senza uno scopo porta a distruzione o a deviazione.


Enuncia per primo al mondo la teoria della biologia dello sviluppo, ipotizzando attraverso i dati emersi dalla sua pluriennale esperienza in campo medico ed etologico che esista  una progettualita' immanente in ciascun essere vivente, senza la quale l'individuo come anche l'animale rischia non solo di perdersi, ma anche di ammalarsi  e di morire prematuramente.


Questo fondamentale  contributo scientifico che ci viene dall'etologia e dalla genetica, inquadra in maniera esauriente  il problema dell'uomo  che improvvisamente rimane orfano di una progettualita' sicura ed appagante, (lavoro, carriera, ruolo, immagine sociale ecc…...) rendendo cardine e cardinale  il capitolo relativo  alla scienza dello sviluppo personale, che dovrà costituire d'ora in avanti  una scienza interdisciplinare in continua evoluzione.


La psicologia del lavoro e quella individuale, legata ai temi del sostenere e dell'ottimizzare i talenti, trovano in questa tesi "biologica", una conferma e una sintesi, poiché i dati emersi dalla ricerca di Bateson riguardano migliaia di casi e sperimentazioni su vasta scala.


Lo sviluppo  del potenziale evolutivo della singola persona,  sara' da considerare primario in un'ottica di prevenzione e di  sviluppo sostenibile, poiché anche i genetisti, oltre che gli antropologi, sono dello stesso parere.


Per Patrick Bateson  e la scuola di Cambridge, nonche' per gli scienziati legati alle Neuroscienze (Damasio,Maffei,Siegel), la perdita di uno scopo  o di una meta ritenuta sicura e' l'anticamera di una tempesta emotiva che puo' sfociare in comportamenti auto-emarginanti e socialmente riprovevoli, in un abbassamento delle difese immunitarie, in una progressiva perdita sia del senso di se' che della vita.


In epoche lontane questo dato non sarebbe stato una campana d'allarme per il mondo del lavoro. Oggi lo e', dati i cambiamenti continui, gli sforzi a reggere competivita' e complessita'.


E allora, che fare? Come  prevenire un'ondata di persone legate al mondo del lavoro, perduto il quale possono  sviluppare patologie, rendersi invisibili? Come dare concretezza d'impresa ad un'impresa, come quella del "sapere" in cui le persone possano ritrovare nuove strade di sviluppo, nuovi progetti e competenze adattative, soprattutto  dopo gli….anta?


Quando questa progettualita' viene a mancare, o si interviene subito con una opportuna ed urgente "rivisitazione" delle caratteristiche della persona e della personalita', con un bilancio di carriera che metta a fuoco le competenze utili, le informazioni  e le strategie da utilizzare per un effetto "paracadute" (con un effetto di "rilancio delle sfide") o ci si adagia progressivamento in una forma di autismo culturale, con perdita effettiva sia della memoria che delle funzioni sociali. Dare direzione di senso al proprio sviluppo di carriera professionale, o identificarsi in  una strategia di risoluzione e di auto-motivazione   (project learning), significa revisionare in maniera piu' o meno consapevole  e positiva l'idea che ciascuno ha di se' stesso (la propria "pensabilita') in relazione alla mutata immagine sociale che egli proietta attorno a se'.


Questa rivisitazione e possibilita' di ri-creazione dell'Io non deve essere intesa solo come descrizione vincolante il passato di se' stessi, ma come una sorta di viaggio di scoperta di nuovi orizzonti  del sapere, di rielaborazione dell' esperienza dalla quale e' possibile identificare la gamma di elementi su cui fondare la propria strategia di sviluppo oltre che di apprendimento. 
E' una questione che riguarda il cuore della mente (ipotalamo)  nonche' il suo funzionamento.
Degli istinti di conservazione primari.


Promuovere  un nuovo start up della persona, e la sua autonomia come fonte primaria di sviluppo  e  di carriera, come messa in crisi in senso greco del termine (come  opportunita' di cambiamento e dunque di arricchimento sia del sapere che del valere), rinegoziare se' stessi non soltanto nell'ambito di una realta' aziendale ma al centro di un networking virtuale di persone e progetti, ricostruire  aree di attivita' presente e futura, rappresentano solo i primi passi di un percorso formativo e professionale  legato allo Sviluppo della Persona, come nuova disciplina.


Il consolidamento della persona e della  personalita' per renderla piu' "attrezzata" ad affrontare  queste e altre  complessita' (e relative decisioni), nell'ottica di un miglioramento della sfera relazionale e comunicativa, sara' un'altra fase del percorso formativo. Tutto questo, come insegna Bateson, nell'ottica della BIOLOGIA di uno SVILUPPO sostenibile.


O, come insegna Daniel Siegel ne "La mente relazionale" Neurobiologia dell'esperienza Interpersonale(Raffaello Cortina ed.2001), nell'ottica di uno Sviluppo cognitivo e interpersonale, da cui scaturisce il  processing dei diversi tipi di informazioni e modificazione dei relativi circuiti cerebrali.


I formatori che si occupano di questo tipo di formazione invisibile "alla persona" sono in braccio ad etologia, antropologia, neurobiologia, psicologia individuale e del lavoro.
Anch'essi sollecitati ad avere competenze trasversali.
Come tutti.


Forse di più."


Il profilo di Alessandra Lancellotti è disponibile qui